Segno provvisoriamente qui alcuni spunti di approfondimento allo scritto di Ricard “IL GUSTO DI ESSERE ALTRUISTI”
(03.2016)

L’autore

Matthieu Ricard (Aix-les-Bains, 15 febbraio 1946) è un monaco buddhista francese di scuola tibetana.
Matthieu Ricard nacque nel dipartimento della Savoia da Jean-François Revel, filosofo, scrittore, giornalista e membro dell’Académie française, e Yahne Le Tourmelin, pittrice. Trasferitosi a Parigi, crebbe in molti circoli intellettuali in cui conobbe Luis Buñuel, Igor Stravinsky e Henri Cartier-Bresson.
Si è laureato nel 1972 in genetica delle cellule all’Institut Pasteur, sotto la supervisione di François Jacob, e subito dopo è partito per l’Himalaya allo scopo di apprendere l’insegnamento dei lama tibetani. Nel 1978 ricevette l’ordinazione monastica, e per i successivi tredici anni è stato l’attendente di Dilgo Khyentse Rinpoce, famoso per essere stato maestro del XIV Dalai Lama, di cui lo stesso Ricard fu nominato interprete francese nel 1989. Attualmente è uno dei khenpo del monastero di Shechen, in Nepal.
Oltre agli studi di Dharma, si dedica molto alla fotografia, riprendendo i lama, i monasteri, l’arte, e i paesaggi di Tibet, Bhutan e Nepal, dove trascorre ogni anno molti mesi. Celebre meditatore, in quarant’anni Ricard ha accumulato più di quarantamila ore di meditazione. Sua altra grande occupazione è la traduzione e la pubblicazione dei testi sacri, oltre la preservazione della cultura del Tibet, che lo vede impegnato in decine di progetti umanitari in Tibet, Nepal, e India. Tra le iniziative portate a termine si contano dodici scuole in Tibet e tre in Nepal, quattordici cliniche e dispensari in Nepal, India e Tibet, centomila servizi medici annuali, otto ponti in Tibet, tra i quali figurano tre grandi ponti sospesi, e tre case per anziani.
La sua opera umanitaria a favore della sopravvivenza della cultura tibetana gli valse la nomina a Cavaliere dell’Ordine Nazionale del Merito dal Presidente François Mitterrand. Autore di saggi di successo, con cui assicura la continuità del dialogo tra Oriente e Occidente, è solito a cedere la totalità dei diritti d’ autore ai suoi progetti umanitari.
In anni recenti è stato studiato dagli scienziati dell’Università del Wisconsin, i quali si sono avvalsi di duecentocinquantasei sensori sul suo cranio, disposto in un toner funzionale di risonanza magnetica. I risultati hanno mostrato un livello elevato di attività mai registrato prima nella zona del cervello connessa con l’ emozione positiva: generalmente i volontari posti a questo esperimento hanno riportato in genere valori tra +0,3 di disperazione e -0,3 di beatitudine, Ricard è arrivato ad uno strabiliante -0,45. La sua lettura, interamente fuori della curva nella zona di emozione positiva, il risultato più alto mai registrato, gli hanno assicurato il primato quale «uomo più felice del mondo».
Opere
Il monaco e il filosofo,(con Jean Francois Revel), ed Neri Pozza, Vicenza, 1997 Il gusto di essere altruisti,ed.SPERLING&KUFFER,2015 Il gusto di essere felici, (con S.Orsdo), ed.SPERLING&KUFFER, 2010 Dal Big Bang all’illuminazione (con Trinh Xuan Thuan) ed.AMRITA
FONTE


CAPITOLO 1
Copia/incolla da wikipedia e da recensioni libri vari lette nel web:
LUCA E FRANCESCO CAVALLI-SFORZA
Luigi Luca Cavalli-Sforza (Genova, 25 gennaio 1922) è un genetista e scienziato italiano che si è occupato anche di antropologia e di storia.
I suoi studi si sono incentrati in maniera particolare sulla genetica delle popolazioni e delle migrazioni dell’uomo. Cavalli-Sforza è professore emerito all’Università di Stanford in California.Nel 1993 Luca e Francesco Cavalli Sforza davano alle stampe “Chi siamo. La storia della diversità umana”, un grande classico della divulgazione scientifica che, dimostrando l’origine comune africana dell’umanità moderna e smontando pezzo per pezzo il concetto di razza, portava con sé un messaggio di unità e tolleranza.
DALAI LAMA
Il Dalai Lama (Tale’ i Bla-ma in tibetano) è un monaco buddhista tibetano. È stato la più alta autorità teocratica del Tibet, essendo la massima autorità spirituale del Buddhismo tibetano dagli inizi del Seicento, e, dal 1959 fino all’11 marzo 2011, ha ricoperto la carica di Capo del Governo tibetano in esilio del Tibet.
l titolo di Dalai Lama è tratto da una combinazione della parola mongola Dalai, che significa “Oceano”, e pronunciabile in tibetano come tale’ i, con Lama, equivalente tibetano del termine sanscrito guru, ovvero «Maestro spirituale». Dalai Lama sarebbe dunque traducibile come «Maestro oceano», ma si preferisce utilizzare la più elegante espressione «Oceano di saggezza».
Questa denominazione fu attribuita nel 1578 da Altan Khan, il sovrano dell’Impero mongolo, al monaco buddhista tibetano Sonam Gyatso, aderente alla scuola Gelug e Khenpo del monastero di Drepung, a Lhasa, il più grande monastero del Tibet. Sonam Gyatso era considerato un tulku, ossia un Lama reincarnato, pertanto attribuì il titolo di Dalai Lama alle sue precedenti incarnazioni, Gendun Gyatso e Gendun Drup, divenendo in tal modo il terzo.
Successivamente, sempre con il sostegno dei monarchi mongoli, il Quinto Dalai Lama divenne anche il sovrano assoluto del Tibet, che a quel punto divenne una teocrazia lamaista. La sua residenza divenne il palazzo del Potala, nuovo simbolo del potere sia temporale sia spirituale della nazione insieme al Palazzo d’Estate, il Norbulingka, anch’esso a Lhasa. Il Dalai Lama è venerato come manifestazione di Cenresig, il Buddha della Compassione, e i tibetani si rivolgono a lui chiamandolo Kyabgon, il «Salvatore», e Kundun, «la Presenza». Al di fuori del Tibet lo si considera capo dei Gelug, ma in realtà, benché si tratti della massima autorità spirituale e politica del Tibet, la scuola dei Berretti Gialli riconosce il proprio capo nel Ganden Tripa, ossia «Detentore del Trono di Ganden» in tibetano, un lama scelto tramite elezione dai khenpo dei più autorevoli monasteri Gelug, e che in genere rimane in carica per tre anni.
Il Dalai Lama è il più famoso esempio di tulku, cioè di Lama reincarnato: quando un Dalai Lama muore, il Panchen Lama, il Reting Rinpoce e altri insigni monaci qualificati avviano le indagini atte a scoprire la sua reincarnazione servendosi degli oracoli, interpretando i presagi e i sogni. Una volta che la reincarnazione viene identificata, solitamente quando è ancora un bambino molto piccolo, viene consacrato novizio e intronizzato ufficialmente, dando inizio al suo percorso di studi, ma fino alla sua maggiore età il potere esecutivo è esercitato da un Reggente.
Secondo un’antica tradizione, alla famiglia del bambino reincarnato vengono concessi un titolo nobiliare e una proprietà fondiaria.
Per tradizione, i Dalai Lama esercitano una profonda influenza anche in Mongolia, dove la religione più diffusa è il Buddhismo tibetano. Le varie incarnazioni del Bodhisattva Avalokitesvara sono state a stretto contatto con i Jebtsundamba Khutuktu, lignaggio di tulku a capo della scuola Gelug del Dharma tibetano nella terra dei Khan.
L’attuale Dalai Lama, il quattordicesimo, è Tenzin Gyatso, nato a Taktser, nell’Amdo, il 6 luglio 1935. Dal 1959, a causa dell’occupazione politica e militare del Tibet da parte della Cina (che revocò così lo statuto di autonomia di cui il Paese da secoli usufruiva), risiede a Dharamsala, nello Stato di Himachal Pradesh, nel nord dell’India: l’allora Primo ministro indiano Jawaharlal Nehru si prodigò per garantire la sopravvivenza della civiltà
tibetana e del Buddhismo, messi in pericolo nello stesso Tibet a causa di una forte campagna voluta dalle autorità cinesi per fare del Paese delle Nevi un avamposto completamente cinese.
Capo del Governo tibetano in esilio fino all’11 marzo 2011, data in cui ha ufficialmente presentato le dimissioni in favore di un successore eletto dal Parlamento esule, dopo aver peraltro promosso una riforma atta a ridisegnare i propri poteri politici, Tenzin Gyatso ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 1989 per la resistenza non violenta contro la Cina. Ancora detentore della propria autorità religiosa, oltre a insegnare il Buddhismo in tutto il mondo, guadagnandosi stima e rispetto in buona parte dei Paesi esteri, sostiene energicamente i rifugiati tibetani nella costruzione dei templi e nella salvaguardia della loro cultura. Malgrado la figura del Dalai Lama sia secolare e rappresenti un caposaldo per tutta la cultura tibetana, la Cina ha deciso di arrogarsi il diritto di nominare in futuro le nuove reincarnazioni di questa importante carica religiosa, prerogativa che spetta invece ai soli lama tibetani.
Il primo passo da parte dei cinesi è stato compiuto nel 1995 quando rapirono la supposta reincarnazione del decimo Panchen Lama, seconda autorità lamaista del Tibet, sottoposta solo a quella del Dalai Lama. Il Panchen Lama e il Dalai Lama sono legati da un antico vincolo nella ricerca delle reciproche reincarnazioni. Il potenziale undicesimo Panchen Lama fu identificato da Tenzin Gyatso nella persona di Gedhun Choekyi, ma dal
1995 non si hanno più notizie di lui e della sua famiglia, che ufficialmente sono posti sotto la «tutela protettiva» del governo di Pechino.
Nel settembre 2007, la Cina ha affermato che tutti gli alti monaci tibetani dovranno essere nominati dal suo governo e che, in futuro, questi dovranno eleggere il 15º Dalai Lama sotto la supervisione del loro Panchen Lama, Jizun Losang Qamba Lhunzhub Qoigyijabu Baisangbu.
In risposta a questo scenario, Tashi Wangdi, il rappresentante del Dalai Lama in Europa, ha affermato che le elezioni in quel caso sarebbero del tutto illegittime, aggiungendo:
« Non si possono imporre imām o vescovi alle altre religioni. La decisione di nominare lama e monaci spetta ai tibetani. I cinesi possono usare la loro forza politica, ma le loro decisioni saranno comunque senza valore. Così è stato per l’usurpatore del Panchen Lama, così sarà per ogni carica non eletta dai tibetani. »
PASCAL BRUCKNER
Pascal Bruckner (Parigi, 15 dicembre 1948) è uno scrittore e saggista francese.
Pensiero
A proposito del pensiero weberiano riferito al disincanto, inteso come l’abbandono dell’uomo evoluto del senso del magico che porta alla perdita di quella «tecnica di salvezza» che permetteva di sopravvivere nella cruda realtà quotidiana, Bruckner introduce l’idea che ormai oggi vi sia un’inversione di interpretazione tale da poter parlare di re-incanto, di quello che altri autori chiamano de-secolarizzazione.
Partendo dall’analisi dei fenomeni dei consumi di massa e di tutto quello connesso ai metodi di marketing, Bruckner afferma che si stia operando un ritorno ad una riunificazione del reale col magico, della razionalità illuministica con la fantasia romantica.
Egli scrive che oggi: «Siamo lontani dallo spirito del calcolo razionale che formava, secondo Max Weber, l’ethos degli albori del Capitalismo: la produzione mercantile viene messa al servizio di una magia universale, il consumismo culmina nell’animismo degli oggetti. Con l’opulenza ed i suoi corollari (gli svaghi ed il divertimento), una sorta di incantesimo a buon mercato viene messo a disposizione di tutti. I prodotti esposti in vendita nei nostri centri commerciali (…) non sono esseri inerti: vivono, respirano e, in quanto spiriti, possiedono un’anima ed un nome. Il ruolo della pubblicità è quella di dare loro una personalità attraverso una marca, di conferire loro il dono delle lingue, di trasformarle in piccole persone che parlano (…).»
HENRI BERGSON
Henri-Louis Bergson (Parigi, 18 ottobre 1859 – Parigi, 4 gennaio 1941) è stato un filosofo francese. La sua opera superò le tradizioni ottocentesche dello Spiritualismo e del Positivismo ed ebbe una forte influenza nei campi della psicologia, della biologia, dell’arte, della letteratura e della teologia. Fu insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1927 sia «per le sue ricche e feconde idee» sia «per la brillante abilità con cui ha saputo presentarle».
ROBERT MISRAHI
Robert Misrahi est un philosophe français, né à Paris le 3 janvier 19261. Spécialiste de Spinoza, il consacre son travail à la liberté et au bonheur. Professeur émérite de philosophie éthique à l’Université de Paris I (Sorbonne), il a publié de nombreux ouvrages sur Spinoza et consacré l’essentiel de son travail à la question du bonheur1. Il lui arriva par ailleurs de publier plusieurs articles dans Les Temps modernes, Encyclopædia Universalis, Le Dictionnaire des philosophies “PUF”, mais aussi Libération, Charlie Hebdo ou le Nouvel Observateur.
ANDRE’ COMTE-SPONVILLE
André Comte-Sponville (Parigi, 12 marzo 1952) è un filosofo francese.
Filosofo materialista, razionalista e umanista, è un ex allievo dell’École normale supérieure de la rue d’Ulm, dove conobbe e fu amico di Louis Althusser. È stato a lungo maître de conférences all’università Panthéon-Sorbonne, l’antica Sorbona, dalla quale diede le dimissioni nel 1998 per dedicarsi completamente alla scrittura e a conferenze al di fuori del circuito universitario Dal 2008 è membro del Comité consultatif national d’éthique (Comitato Consultivo Nazionale di Etica), corrispondente al Comitato nazionale per la bioetica italiano.
Filosofia
I suoi filosofi prediletti sono Epicuro, gli stoici, Montaigne e Spinoza. Tra i contemporanei, si dichiara vicino soprattutto a Claude Lévi-Strauss, Marcel Conche e Clément Rosset (in Occidente) e a Swami Prajnanpad e Krishnamurti (in Oriente).
Si propone di rinnovare l’antico ideale di saggezza, raccogliendo le sfide della modernità come esse appaiono delineate in Nietzsche, Marx e Freud): è questo lo scopo principale del suo Traité du désespoir et de la béatitude.
«Filosofare, scrive Comte-Sponville, è pensare la propria vita e vivere il proprio pensiero». Egli propone una metafisica materialista, un’etica umanista e una spiritualità senza Dio, che costituiscano «una saggezza per il nostro tempo».
Ma cos’è, secondo lui, la saggezza? «Il massimo di felicità nel massimo di lucidità». La felicità si trova «dall’altro lato della disperazione»: là dove non c’è più niente da credere (poiché c’è tutto da conoscere), né da sperare (poiché c’è tutto da fare, per ciò che dipende da noi, o da amare, per ciò che non dipende da noi). È quello che Comte-Sponville chiama «la gaia disperazione», che evoca alcune filosofie orientali ma che è debitrice in primo luogo dei greci (innanzitutto Epicuro e gli Stoici) e di Spinoza.
Alcuni lo ritengono vicino al buddhismo. Altri, come Michel Onfray, vedono in lui «un cristiano ateo». Egli si definisce «ateo fedele». «La fedeltà è ciò che resta della fede quando la si è perduta». In lui di questa fede resta una morale greco-giudaico-cristiana e una spiritualità laica che conduce ad una mistica dell’immanenza: «Noi siamo già nel Regno; l’Eternità è ora».
Né ottimismo né pessimismo, secondo Comte-Sponville: si tratta di vedere le cose come sono, piuttosto che farsi illusioni al loro riguardo. Fedele alla tradizione materialista, denuncia le illusioni e le speranze spontanee (incontrollate e irrazionali) dell’uomo, che allontanerebbero dalla vera saggezza. La conoscenza e l’azione devono guidarci verso quello che gli antichi chiamavano atarassia o beatitudine. Bisogna conoscere e volere, senza confondere la conoscenza con la volontà né la volontà con la conoscenza: «comprendere la realtà dei nostri desideri, piuttosto che prendere i nostri desideri per realtà».
Sul piano epistemologico, Comte-Sponville è vicino al razionalismo critico di Karl Popper. Separa radicalmente ciò che chiama l'”ordine pratico” (i valori) e l'”ordine teorico” (la conoscenza). È ciò che chiama cinismo, debitore tanto di Diogene (“cinismo etico”) che di Machiavelli (“cinismo politico”), oltre che a Montaigne ed a Pascal. Ciò conduce a quella che egli chiama «distinzione degli ordini»: il vero non è il bene; il bene non è il vero. È necessario essere fedeli ad ambedue, ma senza confonderli.
In politica Comte-Sponville si definisce socialdemocratico o liberale di sinistra. Non spera nello Stato per creare la ricchezza, né sul mercato per creare la giustizia. Non si ritiene un «intellettuale impegnato» perché essi, a suo avviso, sottomettono il proprio pensiero ad una Causa già precostituita da altri. Egli preferisce definirsi «filosofo cittadino» (che partecipa, nella misura delle proprie competenze, al dibattito pubblico).
Ha scritto moltissimo sulla grande stampa francese Le Monde, Libération, Le Nouvel Observateur, L’Evénement du Jeudi, L’Express, Psychologies…), ma ha anche coordinato tre numeri della Revue Internationale de Philosophie, dedicati rispettivamente a Montaigne (n° 181, 1992), Pascal (n° 199, 1997) e Alain (n° 215, 2001).
I quattro Ordini
In Le capitalisme est-il moral? tenta di dimostrare la natura amorale (né morale né immorale) del capitalismo: poiché egli la ritiene una tecnica (come la meteorologia, la fisica ecc.), l’economia (alla quale egli riduce la nozione di capitalismo) è estranea ad ogni preoccupazione morale. Da ciò Comte-Sponville giunge a definire quattro ordini, nel senso pascaliano del termine:
l’ordine tecnico-[economico]-scientifico,
l’ordine politico-giuridico,
l’ordine della morale,
l’ordine dell’etica, dell’amore.
Evoca la possibile esistenza di un quinto ordine, quello del divino, ma non lo ritiene indispensabile e dichiara, in quanto ateo, che si può tralasciare. Ogni ordine avrebbe la propria coerenza senza tuttavia essere assolutamente autarchico. Bisognerebbe allora distinguerli comprendendo la necessità assoluta della loro complementarità. Così il capitalismo, l’economia di mercato, che appartengono all’Ordine n° 1, non dovrebbe occuparsi della morale, l’Ordine n° 3. Tuttavia ogni ordine è direttamente linmitato dall’ordine superiore: il diritto di commercio (limitazione dell’«economico» da parte del «politico giuridico»), la deontologia politica (limitazione del «politico» da parte della «morale») ecc.
Egli mette in guardia da due errori: la barbarie, che vuole sottomettere gli ordini superiori agli ordini inferiori, e l’angelismo, che pretende di annullare gli ordini inferiori in nome degli ordini superiori. Ciò conduce ad un appello alla responsabilità individuale: non contiamo sul mercato perché egli sia morale al posto nostro, né sulla morale per prendere il posto della politica!
SANT’AGOSTINO
Aurelio Agostino d’Ippona (in latino: Aurelius Augustinus Hipponensis; Tagaste, 13 novembre 354 – Ippona, 28 agosto 430) è stato un filosofo, vescovo e teologo berbero con cittadinanza romana.
Conosciuto semplicemente come sant’Agostino, è Padre, dottore e santo della Chiesa cattolica, detto anche Doctor Gratiae (“Dottore della Grazia”). Secondo Antonio Livi, filosofo, editore e saggista italiano di orientamento cattolico, è stato «il massimo pensatore cristiano del primo millennio e certamente anche uno dei più grandi geni dell’umanità in assoluto». Se le Confessioni sono la sua opera più celebre, si segnala per importanza, nella vastissima produzione agostiniana, La città di Dio.
IMMANUEL KANT
« L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da un difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo. » ((Immanuel Kant da Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo?, 1784))
Immanuel Kant (Königsberg, 22 aprile 1724 – Königsberg, 12 febbraio 1804) è stato un filosofo tedesco.
Fu uno dei più importanti esponenti dell’illuminismo tedesco, e anticipatore – nella fase finale della sua speculazione – degli elementi fondanti della filosofia idealistica.
MARX
« Egli unisce in sé lo spirito più mordace con la più profonda serietà filosofica: immaginati Rousseau, Voltaire, d’Holbach, Lessing, Heine e Hegel fusi in una sola persona … ecco il dottor Marx » (Moses Hess a Berthold Auerbach, 1841)
Karl Heinrich Marx (Treviri, 5 maggio 1818 – Londra, 14 marzo 1883) è stato un filosofo, economista, storico, sociologo e giornalista tedesco.
Il suo pensiero, incentrato sulla critica, in chiave materialista, dell’economia, della politica, della società e della cultura capitalistiche, ha dato vita alla corrente socio-politica del marxismo. Teorico della concezione materialistica della storia e, assieme a Friedrich Engels, del socialismo scientifico, è considerato tra i filosofi maggiormente influenti sul piano politico[1], filosofico ed economico[2] nella storia del Novecento che ha avuto un peso decisivo sulla nascita delle ideologie socialiste e comuniste.
ARISTOTELE
Aristotele (in greco antico Ἀριστοτέλης, traslitterato in Aristotélēs; Stagira, 384 a.C. o 383 a.C.[2] – Calcide, 322 a.C.) è stato un filosofo, scienziato e logico greco antico. Discepolo di Platone, unitamente a Socrate è considerato uno dei padri del pensiero filosofico occidentale, che da lui ha ereditato problemi, termini, concetti e metodi. È ritenuto una delle menti filosofiche più innovative, prolifiche e influenti del mondo antico, sia per la vastità che per la profondità dei suoi campi di conoscenza, compresa quella scientifica.
WLADYSLAW TATARKIEWICZ
Władysław Tatarkiewicz (Polish: [vwaˈdɨswaf tatarˈkʲevitʂ]; 3 April 1886, Warsaw – 4 April 1980, Warsaw) was a Polish philosopher, historian of philosophy, historian of art, esthetician, and ethicist.
Tatarkiewicz belonged to the interbellum Lwów–Warsaw school of logic, created by Kazimierz Twardowski, which gave reborn Poland many scholars and scientists: philosophers, logicians, psychologists, sociologists, and organizers of academia.
Tatarkiewicz educated generations of Polish philosophers, estheticians and art historians, as well as a multitude of interested laymen. He posthumously continues to do so through his History of Philosophy and numerous other works.
In his final years, Tatarkiewicz devoted considerable attention to securing translations of his major works. Of the works listed below, his History of Philosophy and Memoirs remain to be translated into English.
MOGAMAD BENJAMIN
Brutal gangs rule South Africa’s prisons. But in a remarkable experiment, some of the world’s most violent men are starting to rediscover their humanity. Allan Little investigates
Mogamat Benjamin has been in prison for 34 years and has killed more people – mostly fellow inmates – than he can remember. He has beheaded and mutilated their corpses. He has – along with other members of his gang – cut out his victims’ hearts and eaten them in a grim, semi-mystical ritual in which the life-force of the victim passes into the bodies of the killers. Mogamat holds the rank of general in the gang known as the 28s.
“I am powerful,” he told us. “I am partly God. No man has a higher rank in Pollsmoor than me. In the camp of the 28s a person’s life is in my hands. The final decision is mine. There are people who I said should be killed and they were killed.”
Mogamat has murdered, maimed and raped his way to the top of a pyramid of power in South Africa’s prisons. The system is known as “the Number”. It exerts a powerful hold over those who join it. The devotion it demands of them is absolute.
FLEET MAUL
The Prison Mindfulness Institute (previously the Prison Dharma Network) is a non-profit organization founded in 1989 with the mission of supporting prisoners and prison volunteers in transformation through meditation and contemplative spirituality in prisons. The organization provides books and resources through their “Books Behind Bars” program, publishes books on prison dharma through their Prison Dharma Press, organizes a pen pal program between prisoners and meditation volunteers, and offers an apprenticeship program for prison volunteers called “Path of Freedom”. The organization supports prisoners in the study and practice of contemplative traditions as well as mindfulness awareness practices.[1][2] It is an affiliate of the Buddhist Peace Fellowship as well as the Peacemaker Community USA.
Philosophically, the organization claims to encourage restorative justice and transformative justice models over retributive justice.[1]
The organization lists as its spiritual advisors Robert Baker Aitken Roshi, Pema Chödrön, Rabbi David Cooper, Roshi Bernie Glassman, Roshi Joan Halifax, Father Thomas Keating, Jack Kornfield, Stephen Levine, John Daido Loori, Sakyong Mipham Rinpoche, Thrangu Rinpoche, and Jon Kabat-Zinn.
SARTRE
Jean-Paul-Charles-Aymard Sartre (pron. /ʒɑ̃.’pɔl ʃaʁl ɛ.’maːʁ ‘saʁ.tʁ(ə)/; Parigi, 21 giugno 1905 – Parigi, 15 aprile 1980) è stato un filosofo, scrittore, drammaturgo, critico letterario e attivista francese, considerato uno dei più importanti rappresentanti dell’esistenzialismo, che in lui prende la forma di un umanismo ateo in cui ogni individuo è radicalmente libero e responsabile delle sue scelte, ma in una prospettiva soggettivista e relativista. In seguito Sartre diverrà un sostenitore dell’ideologia marxista e del conseguente materialismo storico.
Nel 1964 fu insignito del Premio Nobel per la letteratura, che però rifiutò, motivando il rifiuto col fatto che solo a posteriori, dopo la morte, sia possibile esprimere un giudizio sull’effettivo valore di un letterato. Nel 1945 aveva già rifiutato la Legion d’onore e, in seguito, la cattedra al Collège de France.
Sartre fu uno dei più importanti intellettuali del XX secolo, influente, amato e criticato al tempo stesso, e uno studioso le cui idee furono sempre ispirate a un pensiero politico orientato verso la sinistra internazionale (negli anni della guerra fredda sostenne talvolta le ragioni dell’allora Unione Sovietica, pur criticandone anche duramente la politica in diversi suoi scritti). Divise con Simone de Beauvoir – conosciuta nel 1929 all’École Normale Supérieure – la propria vita sentimentale e professionale, pur avendo entrambi altre relazioni contemporanee. Ebbe inoltre rapporti di collaborazione culturale con numerosi intellettuali contemporanei, come Albert Camus e Bertrand Russell, con cui fondò l’organizzazione per i diritti umani denominata Tribunale Russell-Sartre.
Secondo Bernard-Henri Lévy, il teatro di Sartre colpisce ancora per i suoi testi, che contengono inquietanti profezie sulla crisi della civiltà occidentale capitalista e consumistica, e per la sua forza. Fu inoltre autore di romanzi e di importanti saggi. Sartre morì nel 1980 al culmine del suo successo di intellettuale “impegnato”, quando ormai era diventato icona della gioventù ribelle e anticonformista del dopoguerra, in modo particolare della frazione maoista, di cui era diventato leader insieme a Pierre Victor (pseudonimo di Benny Lévy), passando dalla militanza nel Partito Comunista Francese ad una posizione di indipendenza di tipo anarco-comunista, abbandonando sia il marxismo-leninismo sia le sue derivazioni. Si stima che al suo funerale presenziarono cinquantamila persone. È sepolto nel cimitero di Montparnasse a Parigi.
RABINDRANATH TAGORE
Rabindranath Tagore, chiamato talvolta anche con il titolo di Gurudev, è il nome anglicizzato di Rabíndranáth Thákhur (রবীন্দ্রনাথ ঠাকুর, रवीन्द्रनाथ ठाकुर; IPA: [ɾobin̪d̪ɾonat̪ʰ ʈʰakuɾ]) (Calcutta, 6 maggio 1861 – Santi Neketan, 7 agosto 1941), è stato un poeta, drammaturgo, scrittore e filosofo indiano.
« Per la profonda sensibilità, per la freschezza e bellezza dei versi che, con consumata capacità, riesce a rendere nella sua poeticità, espressa attraverso il suo linguaggio inglese, parte della letteratura dell’ovest. » (Motivazione del Premio Nobel)
Poeta, prosatore, drammaturgo e filosofo indiano di lingua bengalese, nacque il 6 maggio del 1861 nell’antica residenza famigliare di Jorasanko, a Calcutta, da una famiglia appartenente ad una elevata aristocrazia che svolse un ruolo importante nella vita culturale, artistica, religiosa e politica del Bengala. Mentre Gandhi, con la disobbedienza civile, organizzò il nazionalismo indiano sino a ricacciare in mare gli inglesi, Tagore si impegnò a creare una “nuova India”, moderna ed indipendente; egli si proponeva di conciliare la cultura occidentale con quella orientale: era un profondo conoscitore della lingua inglese, e tradusse lui stesso le proprie opere in inglese.
Figlio di un ricco bramino, studiò nel Regno Unito dove anglicizzò il proprio cognome (Thakhur).
Tornato in patria, si dedicò all’amministrazione delle sue terre e ad ogni forma d’arte.
In liriche destinate al canto, che egli stesso musicò e tradusse in inglese (Offerta di canto, 1913), in lavori teatrali ricchi d’intermezzi lirici (La vendetta della natura, 1884), in romanzi (Il naufragio, 1906), in novelle, memorie, saggi e conferenze Tagore affermò il proprio amore per la natura e per Dio, le proprie aspirazioni alla fratellanza umana, la propria passione (anche erotica), l’attrattiva della fanciullezza.
Tagore cantò il divino immanente nella natura, richiamandosi alla tradizione filosofico-religiosa dell’India: egli è il poeta del panteismo upanisadico.[1]
Dalla sua canzone Amar Shonar Bangla è stato tratto l’inno nazionale del Bangladesh.
Esercitò un enorme fascino anche sul mondo occidentale, che lo premiò col Premio Nobel per la letteratura nel 1913. Fu il primo Nobel letterario non occidentale nella storia del premio. Creò una scuola d’arte e di vita, La Visva Bharati University, che portò avanti fino alla fine della sua vita. Tagore è stato tradotto praticamente in tutte le lingue europee, risultando forse l’autore di origini bengalesi più noto in Occidente. Le sue opere sono state quasi tutte tradotte in italiano. Inoltre fece costruire strade, ospedali e anche una scuola, la quale è a tutt’oggi un’università.
NICOLAS DE CHAMFORT
Sébastien-Roch Nicolas, noto come Chamfort (Clermont-Ferrand, 6 aprile 1741 – Parigi, 13 aprile 1794), è stato uno scrittore e aforista francese
Massone, fu membro della Loggia parigina “Les Neufs Soeurs”, del Grande Oriente di Francia.
Le sue Maximes et Pensées, molto lodate da John Stuart Mill e Friedrich Nietzsche, sono considerate, dopo quelle di La Rochefoucauld, tra le più brillanti e suggestive massime dell’era moderna.
Il pensiero elaborato da Chamfort si impregnò di pessimismo nei confronti della società, dei rapporti tra gli uomini ed il sistema, che inevitabilmente portano, secondo l’autore, gli esseri umani ad uno stato di disperazione.
STENDHAL
Marie-Henri Beyle, noto come Stendhal (Grenoble, 23 gennaio 1783 – Parigi, 23 marzo 1842), è stato uno scrittore francese.
Amante dell’arte e appassionato dell’Italia dove visse a lungo, esordì in letteratura nel 1815 con le biografie su Haydn, Mozart e Metastasio, seguite nel 1817 da una Storia della pittura in Italia e dal libro di ricordi e d’impressioni Roma, Napoli, Firenze. Quest’ultimo fu firmato per la prima volta con lo pseudonimo di Stendhal, nome forse ispirato alla città tedesca di Stendal, dove nacque l’ammirato storico e critico d’arte Johann Joachim Winckelmann.
I suoi romanzi di formazione Il rosso e il nero (1830), La Certosa di Parma (1839) e l’incompiuto Lucien Leuwen, scritti in una prosa essenziale che ricerca la verità psicologica dei personaggi, fanno di Stendhal, con Balzac, Hugo, Flaubert, Maupassant e Zola, uno dei maggiori rappresentanti del romanzo francese del XIX secolo: i suoi protagonisti sono giovani romantici che aspirano alla realizzazione di sé attraverso il desiderio della gloria e l’espansione di sentimenti appassionati.
ETTY HILLESUM
Esther Hillesum, detta Etty (Middelburg, 15 gennaio 1914 – Auschwitz, 30 novembre 1943), è stata una scrittrice olandese di origine ebraica, vittima della Shoah.
“La vita è difficile, ma non è grave”
Considerando Dio «la parte più profonda e ricca di me, in cui riposo», Etty trova una serenità mistica che farà sempre parte del suo cammino, fino alla fine. Il professor Giorgio Pantanella definisce la sua una “spiritualità del quotidiano”, riconducibile a varie fedi religiose.
Il Dio personale
Importante è la concezione del divino che emerge dalle pagine del Diario. A un Dio trascendente, esterno, come può essere inteso quello dell’ebraismo tradizionale, Etty oppone, con le sue parole, un Dio interiore, trovato nelle profondità del sé. Con un atto di scavo interiore allora si può riesumare quella “Forma Perfetta” che ogni essere umano conserva nel profondo di sé, la scintilla che anima ogni vita.
Un’interpretazione filosofica stricto sensu delle parole della Hillesum è fornita da Ulrich Beck nella sua opera Il Dio Personale (Der Eigene Gott), in cui il sociologo tedesco riflette dapprima sul concetto di secolarizzazione e poi sullo slittamento che avrebbe portato la concezione di un Dio trascendente a trasmutarsi in Dio personale, intimo.


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