Per la Consulta chi si prostituisce non sceglie mai in modo completamente libero e consapevole, esistono sempre dei condizionamenti iniziali o successivi
Per la Consulta è infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice a quo, per il quale sanzionare penalmente il reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione, se questa è libera, rappresenta una violazione dell’iniziativa economica privata sancita dall’art 41 della Costituzione. Erra la corte barese nel momento in cui sostiene che l’esercizio del meretricio rappresenta una forma di estrinsecazione della libertà sessuale e che privare la prostituta della “collaborazione” di intermediari viola la libertà della stessa di organizzarsi come qualsiasi altro imprenditore. La libertà di una prostituta non è mai assoluta, anche se all’inizio la stessa sceglie in autonomia di fare la professione. Sanzionare il reclutamento e il favoreggiamento è un modo per proteggere le persone che si prostituiscono da possibili e future pressioni, ricatti e violenze che caratterizzano gli ambienti della prostituzione.
La vicenda processuale
La Corte d’appello di Bari solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, primo comma, numeri 4), prima parte, e 8), della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui), meglio nota come legge Merlin “nella parte in cui configura come illecito penale il reclutamento ed il favoreggiamento della prostituzione volontariamente e consapevolmente esercitata.”
Per la Corte, nell’attuale contesto storico, esistono due tipi di prostituzione, quella “coattiva” e quella “per bisogno”. La seconda, caratterizzata da una scelta totalmente libera e volontaria praticata dalle escort, non contemplata all’epoca della legge n. 75 del 1958.
In alcuni casi quindi “la scelta di offrire prestazioni sessuali verso corrispettivo costituirebbe una forma di estrinsecazione della libertà di autodeterminazione sessuale, garantita dall’art. 2 della Costituzione quale diritto inviolabile della persona umana.”
Ora, questa libertà “relazionale”, appare compromessa dalle disposizioni penali che sanzionano penalmente quei soggetti terzi che, senza costrizione alcuna, si limitano a mettere in contatto la prostituta con i clienti (reclutamento) o ad agevolare l’esercizio della sua attività (favoreggiamento).
Sanzionare queste condotte risulterebbe quindi lesivo della libertà di iniziativa economica privata, tutelata dall’art. 41 Cost., di cui “il volontario esercizio della prostituzione costituirebbe pure espressione, in quanto attività normalmente professionale svolta a fine di profitto.” Vietare qualsiasi forma di intermediazione e agevolazione impedirebbe ingiustamente a questa attività di evolvere al pari di ogni altra.
Ora, poiché secondo recente giurisprudenza, le disposizioni penali della legge n. 75/1958 hanno l’obiettivo di garantire la libertà di autodeterminazione della persona, le condotte di reclutamento e favoreggiamento della prostituzione, purché liberamente esercitata, risulterebbero inoffensive, visto che “reclutatore” e “favoreggiatore” si limiterebbero “ad agevolare la realizzazione della scelta dell’interessata, producendo, così, un vantaggio e non un danno per lo stesso interesse tutelato.”
La prostituzione non è mai frutto di una scelta completamente libera
La Consulta dopo una complessa e articolata motivazione conclude per l’infondatezza delle questioni di legittimità sollevate dalla corte barese. Per la Corte è infondata la tesi del giudice a quo, secondo cui la scelta di prostituirsi in modo libero e volontario rappresenterebbe estrinsecazione del diritto di autodeterminazione previsto dall’art. 2 della Costituzione. Vero che la sentenza n. 561/1987 richiamata a sostegno della sua tesi include la libertà sessuale tra i diritti inviolabili contemplati dall’art. 2 della Costituzione, vero altresì però che l’affermazione è stata resa in relazione a un profilo diverso di questa libertà, ovvero nel “diritto ad opporsi ad intrusioni non volute nella propria sfera sessuale.”
Non è quindi condivisibile l’assunto secondo cui la prostituzione volontaria rappresenterebbe un mezzo di affermazione della persona. Offrire prestazioni sessuali in cambio di denaro rappresenta semplicemente un’attività economica. La sessualità in questo caso non è altro che la prestazione di un servizio. Infondata quindi anche la questione relativa alle norme penali che puniscono il reclutamento e il favoreggiamento, perché lesive del diritto della prostituta di organizzare il proprio lavoro in un modo organizzato come accade per qualsiasi altra impresa.
“È, in effetti, inconfutabile che, anche nell’attuale momento storico, quando pure non si sia al cospetto di vere e proprie forme di prostituzione forzata, la scelta di “vendere sesso” trova alla sua radice, nella larghissima maggioranza dei casi, fattori che condizionano e limitano la libertà di autodeterminazione dell’individuo, riducendo, talora drasticamente, il ventaglio delle sue opzioni esistenziali. Può trattarsi non soltanto di fattori di ordine economico, ma anche di situazioni di disagio sul piano affettivo o delle relazioni familiari e sociali, capaci di indebolire la naturale riluttanza verso una “scelta di vita” quale quella di offrire prestazioni sessuali contro mercede.
(…) A ciò si affiancano, peraltro, anche preoccupazioni di tutela delle stesse persone che si prostituiscono – in ipotesi – per effetto di una scelta (almeno inizialmente) libera e consapevole. Ciò in considerazione dei pericoli cui esse si espongono nell’esercizio della loro attività: pericoli connessi al loro ingresso in un circuito dal quale sarà poi difficile uscire volontariamente, stante la facilità con la quale possono divenire oggetto di indebite pressioni e ricatti, nonché ai rischi per l’integrità fisica e la salute, cui esse inevitabilmente vanno incontro nel momento in cui si trovano isolate a contatto con il cliente (pericoli di violenza fisica, di coazioni a subire atti sessuali indesiderati, di contagio conseguente a rapporti sessuali non protetti e via dicendo).”
FONTE


“La prostituta imprenditrice di se stessa? E’ solo un mito”. Parla la tedesca Inge

In italia si calendarizza un ddl per depenalizzare il favoreggiamento della prostituzione. Aprendo così la via alla creazione di bordelli legali. Ma le condizioni di vita di chi lavora nel settore migliorerebbero? Non proprio, come spiega questa testimonianza. Che illustra la situazione in Germania: pochi soldi, molte umiliazioni
DI SABINA AMBROGI
E’ stato di recente calendarizzato un disegno di legge, bipartisan, per regolamentare la prostituzione (tra firmatari e cofirmatari sono almeno 77 deputati e senatori), che in Italia è già assolutamente legale. Dove praticarla? In strada? In case affittate? In bordelli più o meno dichiarati? Il ddl prevede, tra le varie cose, da un lato un superamento della Merlin: depenalizzando appunto il reato di favoreggiamento, si consentirebbe di affittare appartamenti, locali e stanze per l’attività di commercio del sesso. Lo scopo è sia quello di evitare la prostituzione lungo le strade, sia di riconoscere il commercio sessuale alla stregua di ogni altra attività professionale, mediante l’iscrizione della prostituta alla Camera di Commercio, previo versamento di alcune migliaia di euro. In tal modo, come ogni libera (o libero) professionista, potrebbe emettere fattura, pagare le tasse e accedere a un regime pensionistico.
Una professione come un’altra, dunque, da controllare dal punto di vista medico (anche se non si capisce perché non sia il cliente a dover essere controllato e di conseguenza le loro mogli o partner eventuali), anche se lo stigma sociale che grava su di essa appare insuperabile. Nessuno vuole che venga esercitata vicino casa propria, nessuno desidera che la propria figlia o figlio la pratichi. E’ inoltre, un’attività in cui, a parte rari casi, si guadagnano cifre molto modeste a fronte di un’usura fisica e morale devastanti.
Con la depenalizzazione del favoreggiamento, erroneamente chiamato “legalizzazione della prostituzione”, che in Italia non è un reato (lo sono sfruttamento, favoreggiamento, induzione, prostituzione minorile e tratta) si darebbe piuttosto il via libera a una potenziale e fiorente categoria imprenditoriale: i tenutari di bordelli. E se nei propositi il disegno di legge parla di locali autogestiti, si può immaginare quanto facilmente si possa aggirare la questione.
Mentre in Italia ci si adopera a far passare questa legge, in Germania dove esistono già bordelli legali e esiste la possibilità di tassare l’attività, si stanno facendo poderose marce indietro: la scelta fatta nel 2002 dal governo Schröder Spd e Verdi, si è rivelata un clamoroso insuccesso sociale e un’ottima opportunità per la criminalità. Oggi- secondo quanto riportato da un articolo di Der Spiegel – ci sono dai 3000 ai 3.500 locali a luci rosse. Si tratta di 500 bordelli a Berlino, 70 a Osnabrück, 270 al confine con la Francia.
Il racconto di Inge, ex prostituta tedesca, ripercorre la situazione attuale : si è prostituita a Berlino quando era ancora un transident, con un’identità transitoria, né donna né uomo, quello che noi chiamiamo ermafrodita. Ora si è operata, è definitivamente donna, felicemente sposata, ha un impiego e lavora come volontaria nei centri di reinserimento per aiutare le sue ex compagne di vita a ritrovare una strada diversa.
Come ha iniziato?
Ho iniziato per difficoltà economiche, come tutte. La motivazione è la maggior parte delle volte finanziaria. Come prostituta ero ricercatissima anche se io vivevo il mio corpo come un’ anomalia.
Si guadagna bene in questi locali ?
L’affitto di una stanza in un bordello di lusso costa da 140 a 160 euro al giorno, se passi la mezzanotte, paghi il doppio, quindi, almeno 300 euro. Se hai lavorato molto bene in quelle ore, e se ce la fai, lavori con otto uomini. Alla fine della settimana resta veramente molto poco.
Si pagano le tasse in Germania con questa professione?
Esiste la possibilità ma nessuna lo ha mai fatto. Per pagarti la pensione non basta quello che guadagni: come si fa a accantonare 1200 euro al mese? E poi, ed è la questione principale, nessuna vuole iscriversi come prostituta perché ti resta il marchio a vita. Visto che al massimo lavori fino ai 35 anni, se ce la fai a uscire dal giro, e ti presenti in un posto di lavoro che referenze presenti? E comunque, nessun cliente vuole lasciare nome cognome e codice fiscale. A chi intesti la fattura? I clienti non vogliono lasciare generalità anche per paura di essere ricattati…o di lasciare tracce.
E quando si parla di prostitute dai guadagni stellari?
Mi chiedo se quei guadagni così alti non siano frutto di ricatti, magari a politici o uomini di affari. Io non conosco nessuna che si sia arricchita. Però tutto può essere.
Di che cifre si parla?
Dipende anche dalle prestazioni. Più ne soddisfi più puoi guadagnare.
Che genere di prestazioni?
Arriva quello col cane e pretende che tu faccia delle cose col cane, oppure quello che deve indossare biancheria da donna per avere l’orgasmo, si chiama Damenwäschenträger. Quasi mai è un semplice rapporto sessuale. Un mio cliente voleva che conservassi i preservativi degli altri perché voleva ingoiarne il contenuto.
Però, sempre nell’ottica di scegliere liberamente la professione, altrettanto liberamente si potrebbe dire: “ questo no”.
In quel caso il cliente esce fuori e dice “lei non fa quello che chiedo”. Se dici di no, o c’è il proprietario del locale che ti caccia, o non lavori più perché le colleghe fanno al posto tuo quello che tu non fai. Allora sei costretta ad accettare per non perdere lavoro e perché non si metta in giro una cattiva voce su di te, tipo: “quella non fa niente”. A volte lo fanno anche per deprezzarti in modo che così costi meno la volta successiva. Anche tra di loro le prostitute si fanno una concorrenza spietata, si dicono per esempio: “lei è malata” oppure “io faccio questo, lei non lo fa”. La solidarietà, come immaginabile, non esiste. I clienti, loro, cercano sempre merce nuova.
Quindi non sono “impresarie di se stesse” come in Italia chi è a favore della legge definisce le prostitute?
Non capisco cosa significhi. Se si parla di una soluzione per la tratta, con i bordelli legali la tratta non è mai stata più fiorente. Sono per la maggior parte ragazzine che vengono dai paesi dell’Est: dalla Russia, dall’Ungheria, dalla Bulgaria. Non parlano tedesco, non sanno di avere dei diritti, né vogliono che le loro famiglie sappiano. Ci sono moltissime donne rom gestite dalla mafia rom. Prima c’era un solo un proprietario, ora ne hanno due: chi le obbliga e il padrone del bordello. Prima c’erano solo papponi tedeschi e il fenomeno era più controllato. Ora sono albanesi, rumeni, ungheresi che si sparano tra loro. Dialogano così.
La condizione che si vuole porre in Italia sarebbe che chi gestisce il locale faccia la stessa professione, organizzandosi magari con delle cooperative.
Da noi non ha mai funzionato, non reggono la concorrenza di gestori più potenti, con giri e ricambio continuo di ragazze sempre più giovani.
C’è maggiore sicurezza almeno?
Al contrario. Quello che succede in quelle stanze è affare tuo e del cliente. Il proprietario ti affitta solo la camera: se ti uccide un cliente ti ritrova la mattina dopo la donna delle pulizie. (Dal 2010 al 2015 sono state uccise 33 prostitute) .
Quanti giorni si lavora a settimana?
Dipende. Non tutti i giorni.
Cosa fanno le prostitute quando smettono?
Da noi ci sono dei centri di recupero di vario genere. Ci sono quelli per il recupero dalla tossicodipendenza, dall’alcol, da tutti i tipi di dipendenze e dalla violenza, ci sono i consultori per le ragazze madri, per chi non ha una casa…Una prostituta rientra spesso in tutte queste categorie. E in più è discriminata. Solo alcune, come me, ce la fanno a ritrovare una strada.
Ancora in un’ottica di libertà di scelta: nessuno le obbliga a drogarsi o a bere…
In questi locali circola sempre moltissima droga, anche se non vuoi, per intrattenere i clienti e andare avanti con loro o bevi o ti droghi, o entrambe le cose. Oppure succede che le ragazze arrivano alla prostituzione proprio dalla droga, per pagarsela. Sono quelle che fanno di tutto e si fanno fare di tutto per pochissimi soldi. Comunque non hai molta scelta: devi reggere le prestazioni che ti chiedono e fingere di stare molto bene mentre ti fa schifo tutto. Non arriva mica Brad Pitt! E poi c’è lo schifo dell’odore da superare: quando mi prostituivo, per levarmelo di dosso, mi lavavo con la spugna dei piatti fino a farmi uscire il sangue
Non c’è tutto quel rito delle docce in questi posti, come nelle spa?
Mica sempre. E comunque rimane quell’odore disgustoso di minestrone rancido, uguale per tutti. Credo che sia l’eccitazione che li fa puzzare così.
Con la nuova legge in Italia si vorrebbe introdurre una campagna per il sesso sicuro, e per l’uso del preservativo con le prostitute…
Ah, e chi controlla chi si mette o meno il preservativo? Lo spirito santo? Le ragazze hanno tutto l’interesse a proteggersi. Sono i clienti che non vogliono. Inoltre prima c’erano delle forme di controllo medico imposte. Una volta che liberalizzi non puoi imporre più niente.
FONTE