Mike Silverman, esperto che ha introdotto il primo sistema di rilevamento delle impronte digitali automatizzato per la polizia metropolitana inglese, ammonisce a non ritenerle affidabili come si pensa. Nessuno – sostiene – ha ancora dimostrato che le impronte digitali sono uniche e le famiglie possono condividere elementi di uno stesso modello di impronta

LONDRA – L’assunto di base che ognuno ha un’impronta digitale unica grazie alla quale si può essere rapidamente identificati attraverso una banca dati informatica potrebbe non essere del tutto veritiera. A sostenere questa tesi è Mike Silverman, esperto che ha introdotto il primo sistema di rilevamento delle impronte digitali automatizzato per la polizia metropolitana inglese.
Secondo Silverman, infatti, gli errori umani, le stampe parziali e i falsi positivi potrebbero significare che le prove basate sulle impronte digitali non sono affidabili come si pensa. Inoltre, sottolinea Silverman, nessuno ha ancora dimostrato che le impronte digitali sono uniche e le famiglie possono condividere elementi di uno stesso modello di impronta.
”Ci sarebbero poi altri problemi – continua – come le difficoltà di scansione delle impronte digitali delle persone anziane, man mano che la loro pelle perde elasticita’, per non considerare poi quelle rare condizioni in cui le persone hanno le dita lisce”. Non è possibile dimostrare, conclude Silverman, che non esistono due impronte digitali esattamente uguali. ”Potrebbe trattarsi di un caso raro, come vincere una lotteria. E’ un evento improbabile, eppure accade ogni settimana”, ha concluso l’esperto.
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