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Un’interfaccia per la connessione dei cervelli (Testo del 10.07.2015)

Un’interfaccia chiamata Brainet ha collegato cervelli di diversi animali tra loro in due esperimenti differenti. Nel primo l’attività neurale di quattro macachi è stata integrata per comandare i movimenti di un braccio virtuale sullo schermo di un monitor, nel secondo l’attività neurale di quattro ratti è stata messa in rete per effettuare alcuni compiti, per esempio riconoscere oggetti bianchi e neri(red)
e interfacce in grado di collegare sistemi nervosi di diversi individui per svolgere compiti differenti, già messe in scena in alcuni film di fantascienza, sono ora una realtà, almeno per quanto riguarda la sperimentazione su animali. Il risultato è stato raggiunto da due studi distinti, entrambi pubblicati su “Scientific Reports” da Miguel Nicolelis e colleghi della Duke University. Grazie a un’interfaccia cervello-cervello denominata Brainet, i ricercatori hanno integrato i processi cerebrali di quattro macachi rhesus per muovere un braccio virtuale su uno schermo nel primo studio e di quattro ratti per svolgere in modo coordinato un compito computazionale, nel secondo studio.
Nel primo studio, Nicolelis e colleghi hanno impiantato in quattro macachi una schiera di elettrodi con cui rilevare l’attività di centinaia di neuroni nella corteccia motoria e in quella sensoriale, le regioni cerebrali che elaborano rispettivamente le informazioni sui movimenti del corpo e sugli input dei cinque sensi. Questa registrazione dell’attività cerebrale avveniva mentre gli animali osservavano su uno schermo un braccio virtuale che afferrava un oggetto.
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Un’interfaccia per la connessione dei cervelli
Schema del primo esperimento con i macachi: Brainet connetteva le attività cerebrali di tre animali (in basso a sinistra), in modo che ciascuno controllasse il movimento di un braccio virtuale su un piano. Ogni macaco vedeva il braccio come se fosse mosso da un macaco in prima persona (in alto a destra) (Credit: Nicoleis et al/Scientific Communications).
Successivamente, le scimmie erano trasferite in stanze separate, dove un computer mostrava la stessa scena del braccio virtuale e dell’oggetto da afferrare. In questo caso però Brainet connetteva il movimento del braccio virtuale agli elettrodi cerebrali degli animali via via coinvolti nelle diverse sessioni.
In una prima sessione, le scimmie erano impegnate a coppie e il movimento del braccio era in uno spazio bidimensionale; Brainet connetteva i cervelli dei macachi al braccio virtuale o in modo che entrambe le scimmie contribuissero per il 50 per cento al movimento nelle due dimensioni (controllo condiviso), o in modo che un macaco controllasse il movimento lungo l’asse X e l’altro lungo l’asse Y (controllo suddiviso). In tutti i casi, per entrambe le scimmie il feedback era esclusivamente visivo ed era l’immagine sullo schermo del movimento completo.
Nella seconda sessione, erano invece coinvolte tre scimmie nel controllo del braccio nello spazio tridimensionale. Grazie a Brainet, ciascuna scimmia poteva controllare i movimenti su uno dei tre piani XY, XZ, YZ, e condivideva quindi il controllo lungo i due assi a lei assegnati con gli altri due animali.
Con un adeguato periodo di addestramento, le scimmie hanno imparato a coordinare i propri comportamenti e le proprie attività neurali, migliorando notevolmente le prestazioni nei test di movimento del braccio virtuale. Inoltre, hanno dimostrato di poter compensare i piccoli errori delle compagne lungo gli assi spaziali condivisi.
Nel secondo studio, Nicolelis e colleghi hanno usato l’interfaccia Brainet per collegare tra loro i cervelli di quattro ratti in modo che ogni cervello ricevesse i segnali prodotti dall’attività elettrica cerebrale degli altri animali. In pratica, mentre nello studio sui macachi gli animali fornivano segnali di output ma ricevevano un feedback solo visivo, in questo secondo studio Brainet registrava e analizzava in tempo reale l’attività corticale del cervello di ciascun ratto e la comunicava, tramite altri elettrodi microstimolatori, al cervello degli altri ratti.
In particolare, i segnali ricevuti erano quelli della corteccia somatosensoriale: quest’area cerebrale è deputata alla localizzazione dello stimolo periferico, alla valutazione della sua intensità, al riconoscimento della forma degli oggetti e alla propriocezione, cioè alla percezione e al riconoscimento della posizione del corpo nello spazio e della contrazione dei muscoli.
Grazie a Brainet, gli autori sono riusciti a sincronizzare tra loro le attività neurali dei roditori, prima deprivandoli dell’acqua, poi sottoponendoli a diversi test: gli animali ricevevano l’acqua come ricompensa solo se tutti fornivano una risposta adeguata.
Con l’integrazione degli input somatosensoriali degli altri ratti, ciascun animale ha risolto alcuni problemi computazionali, come l’elaborazione di immagini, distinguendo tra oggetti bianchi o neri, la memorizzazione e il recupero d’informazioni tattili. Le prestazioni in questo tipo di compiti sono risultate grossomodo le stesse dimostrate da singoli individui.
In questo caso, l’interfaccia Brainet ha dimostrato secondo i ricercatori di poter costituire un nuovo tipo di dispositivo di calcolo, una sorta di “computer organico” che potrebbe avere diverse applicazioni, la prima delle quali è lo studio del comportamento sociale degli animali.
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Interazione sociale e sincronismo dei cervelli (Testo del 03.04.2018)

Una nuova metodica sperimentale ha mostrato che durante l’interazione sociale tra due macachi, uno che compie un’azione e l’altro che lo osserva, l’attività delle rispettive cortecce motorie è sincronizzata. Oltre a dimostrare il funzionamento dei neuroni specchio nei primati, il risultato suggerisce che la sincronizzazione dei cervelli sia una parte fondamentale dei meccanismi neurologici che permettono la connessione sociale con i propri simili(red)
Tra gli esseri umani, l’interazione sociale ha sempre rivestito un’importanza fondamentale per la sopravvivenza. E nel corso dell’evoluzione il nostro cervello ha sviluppato una spiccata capacità di osservare che cosa fanno i nostri simili per cercare di capirne, pensieri, sentimenti e intenzioni. Questa capacità si deve in modo specifico ai neuroni specchio, che si attivano sia quando un soggetto compie un’azione sia quando osserva la stessa azione compiuta da un’altra persona.
Il gruppo di Miguel Nicolelis della Duke University a Durham, nel North Carolina, studia da molti anni il cervello dei primati per realizzare interfacce neurali e neuroprotesi che si comandano solo col pensiero. Ora, grazie a un nuovo studio pubblicato su “Scientific Reports”, i ricercatori hanno documentato qualcosa di molto specifico dell’attività neurale delle scimmie: l’interazione sociale tra individui fa sincronizzare i loro cervelli.
Interazione sociale e sincronismo dei cervelli
Durante i test, gli animali, tre macachi rhesus, erano coinvolti a coppie in un compito. Uno aveva il ruolo di passeggero, e veniva condotto su una sedia a rotelle robotica, comandata da un computer, verso un distributore di cibo, mentre il secondo, che aveva il ruolo di osservatore, assisteva alla scena. Quando il passeggero raggiungeva il distributore, veniva ricompensato con un grappolo d’uva, mentre l’osservatore riceveva un succo di frutta. Durante tutta la sessione, i ricercatori registravano simultaneamente l’attività cerebrale dei due animali. Le scimmie poi si scambiavano i ruoli e anche in questo caso gli autori registravano simultaneamente la loro l’attività cerebrale durante il compito.
Dall’analisi dei dati è emerso che i neuroni della corteccia motoria del macaco “osservatore” rispondeva nello
stesso modo della stessa area cerebrale del “passeggero”. In particolare, gli autori hanno anche scoperto che l’attività sincronizzata di queste aree cerebrali era dipendente da fattori quali la distanza tra le scimmie, la distanza del cibo dalla sedia a rotelle e dalla velocità della sedia. È probabile, secondo i ricercatori, che possano aver avuto un ruolo anche altri fattori non controllati del setting sperimentale, come i movimenti del capo, il contatto visivo e le espressioni facciali.
In precedenza, i neuroscienziati avevano limitato gli studi alla registrazione dell’attività neurale di un animale alla volta. Ciò che rende unica questa ricerca, hanno sottolineato i ricercatori, è che l’apparato sperimentale ha registrato l’attività elettrica di centinaia di neuroni nelle cortecce motorie di due scimmie simultaneamente, mentre esse interagivano nello stesso luogo.
L’ipotesi dei ricercatori è che la sincronizzazione dei cervelli delle scimmie sia una parte fondamentale dei meccanismi neurologici che permettono ai primati la connessione sociale con i propri simili e l’apprendimento sociale.
“Crediamo che il nostro studio apra potenzialmente la strada a un campo d’indagine completamente nuovo nelle moderne neuroscienze, dimostrando che anche le più semplici funzioni della corteccia motoria sono fortemente influenzate dal tipo di relazioni sociali tra i gli animali coinvolti”, ha spiegato Nicolelis. “Utilizzando una versione non invasiva di questo approccio sperimentale, potremmo riuscire a quantificare per esempio in che modo si sincronizzano i cervelli di atleti, di musicisti o di danzatori professionisti, o quelli di persone che assistono a uno spettacolo”.
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