La comunicazione tra cellule nervose in un’illustrazione scientifica.|SHUTTERSTOCK
Uno studio sui topi chiarisce il ruolo delle onde ritmiche che attraversano il cervello ogni manciata di secondi: non sono “rumore”, anzi hanno compiti fondamentali.
Se avessimo la possibilità di osservare in diretta un cervello in risonanza magnetica (MRI), vedremmo lente onde di attività elettrica che lo attraversano ritmicamente ogni qualche secondo, come in una sorta di “battito cardiaco”.
Questo sussurro costante, che c’è anche quando non siamo espressamente impegnati in alcuna attività, era già noto, ma per diversi motivi mai studiato: addirittura, per alcuni si trattava del rumore di fondo delle stesse tecniche di imaging cerebrale. Ora uno studio pubblicato su Neuron sembra dimostrare che questo regolare mormorio è proprio del funzionamento del cervello e che potrebbe avere un ruolo sia nel coordinare la complessa attività cerebrale sia nella coscienza.
COME IN UNA “OLA”. Un gruppo di neuroscienziati della Scuola di Medicina della Washington University di St. Louis (Missouri) ha studiato il misterioso ronzio misurando l’attività elettrica cerebrale nei topi con due diversi approcci. Con il primo ha studiato l’attività elettrica a livello cellulare, con il secondo l’ha analizzata strato per strato, sulla superficie esterna del cervello.
Dal confronto tra le due tecniche è emerso che il segnale non è rumore: onde elettriche lente e costanti sono state registrate in entrambe le situazioni. Queste sembrano sorgere spontaneamente negli strati più profondi del cervello dei topi, per poi diffondersi lungo percorsi che sarebbero anche prevedibili e, a mano a mano che attraversano le varie aree cerebrali, ne aumentano l’attività elettrica.
Quando stanno per essere raggiunti dalle onde, i neuroni sono più reattivi. Il regolare sciabordio continua anche quando i topi sono sotto anestesia generale, ma in questo caso la direzione dell’onda si inverte, e i ricercatori interpretano questo fatto come la prova che il sussurro potrebbe avere un ruolo fondamentale nel gestire la comunicazione neurale nei diversi stati di coscienza.
OCEANO PROFONDO. Per gli autori dello studio, questo segnale molto lento, ritmico e incessante, potrebbe creare temporanee finestre di opportunità per la comunicazione su “lunga distanza” tra aree cerebrali. In alcune condizioni particolari, come la schizofrenia, il ritmo delle onde pare alterato e qualcosa nella macchina organizzativa del cervello sembra andare storto, e anche questo fatto quantomeno suggerisce l’esistenza di nuove strade di ricerca nell’ambito dei disturbi psichiatri e neurologici.
Il ronzio, costante anche quando il cervello è lasciato libero di “vagare”, è stato paragonato alle onde del mare: una metafora che aiuta a sottolineare quanto poco ancora sappiamo di questo organo e del suo funzionamento.
FONTE