L’esploratore Tim Severin racconta: ecco che cosa è rimasto ancora da scoprire
È l’ultimo degli esploratori. Senz’altro uno dei più grandi viaggiatori del mito di questo secolo e di quello precedente. Un Ulisse che, nonostante i settant’anni, non ha ancora gettato l’ancora. Perché, dice, «c’è ancora moltissimo da scoprire». Tim Severin ha cominciato a sognare da bambino. A ventun anni, studente di Oxford, prende la sacca: in sella a una Norton dà gas da Venezia alla Cina, lunga la rotta di Marco Polo. Poi, legge la «Navigatio Sancti Brendani» scritta da Brendano, il monaco irlandese del V-VI secolo che ha viaggiato sette anni per mare in cerca del Paradiso, e ne ripercorre l’impresa: con una barca costruita con le tecniche di 1500 anni fa. Non pago, ricrea il mito di Giasone e della ricerca del Vello d’Oro, navigando su un’imbarcazione-clone dell’Età del Bronzo, e novello Odisseo si perde verso Itaca. Ancora, salpa da Muscat, nell’Oman, per la Cina su un vascello arabo sulla rotta di Sindbad il Marinaio.
La sua vita diventa tutt’uno con la leggenda. Segue le tracce dei primi Crociati verso Gerusalemme, affronta il Pacifico su una zattera per provare che i cinesi hanno raggiunto l’America prima di Colombo, cavalca nelle steppe mongole in cerca della tomba di Gengis Khan. Insegue persino le pinne di Moby Dick, il capodoglio albino di Melville, e scopre che è realmente esistito. Annota, filma tutto: i suoi libri e documentari fanno man bassa di premi, tra i quali la Gold Medal della Royal Geographical Society.
Viaggia, in verità, sempre con lo sguardo al passato. «Ho iniziato le mie avventure in un’epoca in cui era rimasto ben poco di esplorato sulla Terra. Intuivo, però, che ci doveva essere una dimensione nuova: la connessione tra storia, geografia e mito. Grazie a questa quarta dimensione ho potuto fare un passo indietro nel passato e nello spazio geografico, diventando un viaggiatore nel tempo», spiega.
Severin, che oggi vive nella campagna irlandese di Timoleague, spiega che la sua è stata un’escalation. «Dopo aver trascorso buona parte della mia vita a raccogliere informazioni sulle leggende dei grandi viaggi, ho deciso che era giunto il momento di mettermi in gioco».
Questo il punto, e anche il segreto. «Credo ci sia ancora molto da scoprire. Chi si mette a sfogliare le pagine di un Atlante, deve fare di tutto per soddisfare le sue curiosità. E se le sue ricerche non trovano risposte alla domanda che si è posto in principio, allora deve partire. E da qui che comincia il viaggio. L’importante, però, se si decide di viaggiare, è farlo con un’idea di ricerca. Solo così si può giungere a scoperte personali».
Resta da capire se c’è ancora qualcosa da scoprire. L’ultimo Ulisse è convinto di sì. «Le immense profondità degli Oceani, ad esempio, di cui sappiamo ancora meno di quello che ci è noto della luna. Oppure, il cuore della foresta amazzonica: che si nasconde sotto le fronde dei suoi alberi? E ancora, il sottosuolo: con le moderne tecnologie di esplorazioni è possibile avviare nuove osservazioni, in cerca delle tracce di antiche civiltà che con l’archeologia tradizionale non sarebbero mai venute alla luce. Oggi si possono ancora compiere scoperte fondamentali, tanto quanto quella della tomba di Tutankhamon».
È un invito a farlo sognare. «Se avessi di nuovo vent’anni che farei? Intanto, non escludo che un giorno, forse mi avventurerò in un nuovo viaggio. Detto questo, se dovessi ricominciare, sceglierei uno dei tanti misteri irrisolti. Non sappiamo ancora, ad esempio, se in epoca pre-colombiana c’erano già stati contatti tra le Americhe e la Cina attraverso l’Oceano Pacifico».
Se avesse vent’anni oggi, però, avrebbe già visto molto. «I giovani d’oggi hanno già visto molto, ma non tutte le meraviglie del pianeta. Il rischio è che mettendosi in viaggio in cerca dello stesso splendore possano restare delusi: gli schermi Tv ci mostrano sempre solo la parte migliore delle cose».
Inutile dire che il suo «fuoco» non si è ancora spento. «In realtà, continuo a viaggiare, scrivendo romanzi». Ha dato alle stampe una «Trilogia del Vichingo», ora ha aperto un nuovo filone, piratesco, con protagonista il personaggio letterario Hector Lynch («La Rotta dei Corsari» e «Il Bucaniere della Giamaica», Editrice Nord). «Scrivere questi libri è già di per se un’avventura. Tanto stimolante quanto quelle che compio per preparare le mie spedizioni. Ho letto diari e giornali di bordo di uomini che si imbarcarono come bucanieri e pirati nella seconda metà del XVII secolo. Alcune sono stupefacenti: la realtà può davvero superare la fantasia».
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