Bambini con deficit di crescita, affetti da anemia o addirittura vittime di fratture spontanee. Tutto a causa di un’alimentazione incompleta. Per scarsa attenzione della famiglia? Tutt’altro, piuttosto per scelte alimentari troppo precise e nette. Sono, infatti, alcuni degli effetti collaterali che si sono manifestati in seguito alla decisione dei genitori di estendere ai propri figli una dieta vegana o vegetariana. Scelte potenzialmente molto pericolose, se non attuate con buonsenso e attenzione. In un articolo pubblicato lo scorso mercoledì su La Repubblica, la giornalista Elena Dusi ha raccolto la preoccupazione di pediatri e medici che parlano di un quadro inedito e allarmante. Come Alessandro Ventura, direttore di pediatria all’università e all’ospedale Burlo Garofolo di Trieste, che per la prima volta in 41 anni di carriera ha dovuto affrontare in un anno tre casi di lattanti ricoverati per carenza di vitamina B12.
Tre bambini con mamme vegane. Casi limite? Può darsi, ma non per questo meno preoccupanti. Il timore è che gli episodi più gravi che rendono necessari il ricovero siano solo la punta dell’iceberg di un problema potenzialmente molto più esteso. “Sicuramente c’è una forte preoccupazione su questo tema”, spiega Laura Rossi, ricercatrice del Crea, (Centro per la ricerca in agricoltura, che ha ereditato personale e competenze dell’ex-Inran), l’ente che insieme al Misal contribuisce in modo determinante a stabilire le indicazioni nutrizionali ufficiali. “Mi confronto frequentemente con i pediatri di famiglia che operano sul territorio e hanno il polso della situazione. Da loro arriva la conferma dell’aumento di casi di bambini con gravi carenze nutrizionali per effetto di diete molto sbilanciate, come può essere quella vegana, se attuata senza le opportune competenze”. Possiamo dire che è una dieta non adatta ai bambini? Non lo è neppure per gli adulti. Si rischia una carenza di vitamina B12, di ferro e calcio, solo per citare alcuni elementi. Inoltre, le performance delle proteine vegetali sono, del tutto diverse rispetto a quelle animali. Si può sopperire con l’uso di integratori? Certo, se si ha a disposizione un nutrizionista in casa si può fare quasi tutto.
Ma per quanto mi riguarda una dieta che necessita di integratori non è una dieta. E cos’è? Un’altra cosa. Bisogna tener conto che alcune persone scelgono di essere vegani per legittimi motivi etici. Ma in questi casi occorre affidarsi a professionisti molto esperti, perché occorre bilanciare scrupolosamente i diversi alimenti e integrare la dieta. Il “fai da te” casalingo porta solo danni. E lo vediamo negli episodi dei bambini malnutriti. Per i bambini la mancanza di proteine animali è ancora più difficile se non impossibile da compensare. Nelle fasi dello sviluppo l’organismo ha un fabbisogno nutrizionale altissimo, che è impossibile soddisfare solo con alimenti di origine vegetale. In Italia abbiamo l’esempio della dieta mediterranea, che dovrebbe essere una guida. In che senso? È riconosciuto quasi all’unanimità che si tratta dello stile alimentare che garantisce la maggior aspettativa di vita. Si compone in prevalenza di frutta e verdura, ma non esclusivamente: le proteine animali trovano il loro posto.
Il ministero della Salute ha in programma iniziative specifiche per far conoscere alle famiglie i rischi di una dieta vegana? Non ne sono a conoscenza. Ma penso sia più sensato continuare a insistere sul tema della corretta alimentazione in senso generale. Anche nella definizione delle prossime linee guida, che verranno diffuse entro la fi ne dell’anno, abbiamo preferito non concentrarci su questioni specifiche, ma mantenere un approccio aperto, per comunicare il messaggio che non esistono alimenti buoni o cattivi, ma solo una buona o cattiva alimentazione. A proposito delle linee guida, avete già definito le indicazioni su carni e salumi o attendete la pubblicazione del documento integrale della Iarc? Abbiamo già deciso. Ma ovviamente non posso dirle come.
Le diete vegane e vegetariane non possono essere raccomandate in età evolutiva, cioè ai bambini.
E non sono adeguate nemmeno al fabbisogno nutrizionale delle donne in gravidanza. È la perentoria posizione espressa da Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), Federazione medici pediatri (FIMP) e Federazione italiana medicina perinatale (SIMP) in merito a questi modelli alimentari, spesso balzati agli onori della cronaca per scelte attuate da genitori nei confronti dei propri figli piccoli. Come il caso di una coppia che chiedeva esplicitamente pasti vegani all’asilo nido per la figlia, un desiderio rispedito al mittente dal Tar di Bolzano cui erano ricorsi dopo il diniego espresso dalla dirigente scolastica, sostenuta anche dal regolamento comunale (i pasti personalizzati sono previsti solo per problemi di salute).
Se i nutrienti necessari al fabbisogno dei bambini non vengono garantiti, come indica lo specialista possono emergere problemi al sistema nervoso centrale e all’accrescimento, oltre che il rischio di sviluppare l’anemia. Il medico si è dunque scagliato contro le diete fai-da-te, soprattutto verso quelle legate a modelli alimentari che richiedono un’opportuna integrazione, come quella vegana.
Il numero di vegetariani e vegani aumenta di anno in anno. E così le famiglie che scelgono questa strada per i propri figli sin dallo svezzamento. Eppure ogni giorno le cronache ci raccontano di bambini ricoverati in pronto soccorso in gravi condizioni proprio a causa di una alimentazioni non equilibrata e non adeguata a soddisfare tutte le esigenze di un organismo in crescita. «Segno che ci sono scelte», commenta la dottoressa Lisa Mariotti esperta in nutrizione pediatrica, «che non possono essere improvvisate, ma adeguatamente accompagnate».
Purtroppo molte delle persone che fanno queste scelte non hanno un’adeguata preparazione che gli consenta di equilibrare adeguatamente l’apporto di nutrienti. «Un’alimentazione selettiva deve essere pianificata con l’aiuto di un esperto», prosegue la Mariotti, «in modo da ridurre eventuali deficit. Mentre nell’adulto una scelta di questo tipo comporta meno rischi ed è meno complicata da gestire, in un bambino la faccenda si complica. Infatti durante la crescita è necessaria una continua correzione dei supplementi per fornire un corretto apporto di nutrienti. Se la dieta è correttamente pianificata con un esperto che indichi non solo le quantità ma anche le modalità di assunzione degli alimenti, i rischi si riducono. Tuttavia esistono degli elementi come la vitamina B12 presenti solo nei cibi animali, per cui è necessario che i bambini vegani la assumano con integratori o alimenti fortificati, su indicazione del pediatra».
Ed è proprio la carenza di questa vitamina ad essere uno dei fattori di rischio maggiori per la salute dei bimbi, in quanto la carenza di B12 causa anemia grave e danni neurologici anche irreversibili. «Secondo la teoria dei mille giorni», sottolinea l’esperta, «la prevenzione inizia nella pancia della mamma. Teniamo presente che anche le madri onnivore devono supplementare la propria dieta durante gravidanza e allattamento, a maggior ragione chi segue una dieta selettiva dovrà prestare particolare attenzione».
Da un punto di vesta nutrizionale, i legumi costituiscono la fonte primaria di proteine nelle diete vegetariane. Per i soli bambini vegani, a causa di una minore digeribilità delle proteine vegetali rispetto a quelle animali, viene suggerito un aumento dell’apporto proteico rispetto ai LARN, quantificabile nel 10-15% in più rispetto agli apporti previsti per l’età. Spesso vene anche consigliato di associare i legumi con i cereali, durante il pasto o comunque nella giornata alimentare, per ottenere un apporto proteico di elevato livello biologico. Per quanto riguarda la Vitamina B12, questa vitamina è presente solo negli alimenti di origine animale e pertanto i bambini vegani devono assumerla con integratori. Anche l’introito di calcio da parte dei vegani può essere inferiore a quello della popolazione generale mentre quello dei latto-ovo-vegetariani è solitamente adeguato. Un buon apporto di questo minerale durante l’età pediatrica può essere comunque offerto con alimenti ricchi di calcio come legumi, verdure a basso contenuto di ossalati, frutta secca (come le mandorle) e, per i latto-ovo-vegetariani, latticini. Senza dimenticare l’importanza della composizione di molte acque ricche in Sali minerali tra cui il calcio.
Per il ferro, le assunzioni consigliate per i vegetariani sono raddoppiate rispetto a quelle dei non vegetariani. Infine un appunto anche sullo zinco: nei vegetariani può essere superiore del 50% rispetto a chi non lo è. «Nutrire la salute dei nostri bambini e dei nostri figli è un investimento importante che dà sempre frutto. Una dieta che può sembrare sana, soprattutto nei più piccoli può portare a danni anche permanenti per la salute se non adeguatamente pianificata e monitorata da nutrizionisti e pediatri».
Conoscerla (per sconsigliarla) e imparare a ridurre i rischi in chi la pratica. La minore varietà di alimenti che caratterizza la dieta vegana rende più complesso l’approvvigionamento dei nutrienti necessari al bambino, e con maggiore facilità si possono manifestare carenze nutrizionali sub-cliniche o palesi.
La radiografia del torace mostra un’area di consolidazione parenchimale in sede retrocardiaca sinistra, non versamento pleurico, ombra cardiaca nei limiti di norma, discreta gastrectasia. Test rapido per VRS negativo. È ricoverata e si inizia terapia antibiotica con ceftriaxone EV. Asia è primogenita di genitori non consanguinei, nata a termine da parto cesareo, con peso alla nascita di 2,750 kg. Dopo la nascita è stata allattata esclusivamente al seno e al ricovero assume ancora latte materno. L’alimentazione complementare è stata introdotta a 10 mesi e segue una dieta rigidamente vegana, come quella dei genitori. Non ha fatto supplementazioni vitaminiche e non è stata vaccinata per scelta dei genitori. Peso e lunghezza sono inferiori al 3° centi- le per l’età (peso kg 7,200; lunghezza cm 70), circonferenza cranica al 3° centile (cm 44), con fontanella pervia e ampia e bozze frontali prominenti. Presenta lieve rosario rachitico, addome disteso con evidenza del solco di Harrison, braccialetto rachitico ai polsi, ingrossamento delle cartilagini metafisarie a livello delle ginocchia, che sono vare. Si rilevano inoltre ipotonia assiale con forza e riflessi normali, irritabilità, sguardo vacuo e ridotto contatto visivo, sporadici tremori tipo clono al labbro
superiore. Sta seduta e mantiene la posizione eretta solo se sostenuta, non cammina. Pronuncia solo la parola ‘mamma’.
I genitori esigono una dieta strettamente vegana. Le nonne ci confidano di essere molto preoccupate, perché la bambina da alcuni mesi è più apatica, aveva iniziato a muovere i primi passi e ora non si muove più, presenta spesso vomito, non ha appetito e rifiuta qualsiasi cibo solido.
Vista la negatività degli indici di flogosi, si sostituisce il ceftriaxone EV con amoxicilli- na per os e si inizia terapia con vitamina B12 (cianocobalamina) x os alla dose di 1 mg/die e vitamina D3 per os alla dose di 2000 Ul/die.
In terza giornata di ricovero il respiro è eupnoico e la Sat.O2 nella norma, in quinta giornata Asia si presenta più reattiva, è incuriosita dall’ambiente e dai giochi che le vengono proposti, dice solo ‘mamma’, ma comprende gli ordini e riconosce gli oggetti. Non si evidenziano più i tremori periorali presenti all’ingresso. Si programmano le indagini radiologiche per rachitismo (polsi e ginocchia) e gli esami di controllo dopo 1 settimana per valutare la risposta ematologica, ma i genitori ritirano la bambina contro parere medico. Si consiglia di continuare il trattamento con vitamina B12 e vitamina D3 e si programma un controllo post-dimissione in ospedale dopo 20 giorni. Si consiglia anche un controllo ravvicinato dal pediatra curante che, però, contattato telefonicamente,
ci comunica che non visitava la bambina da almeno 5 mesi.
Alla visita di controllo in ospedale dopo 20 giorni, la bambina si presenta con la madre: a casa è stata bene, ha continuato a seguire la dieta vegana con le integrazioni consigliate, è cresciuta 700 g, la cute è roseo- pallida, lievemente distrofica a glutei e cosce, permangono i segni di rachitismo, l’addome è globoso e meteorico. È vivace e reattiva, fa i versi degli animali e indica le parti del corpo, partecipa alle attività proposte dimostrando
una buona manipolazione fine e cammina con discreto equilibrio. Si consiglia di ridurre la vitamina B12 a 1 mg/sett. e di continuare la vitamina D3 allo stesso dosaggio per 12 settimane, si consigliano inoltre sali di calcio, zinco, ferro e acidi grassi essenziali.
Purtroppo Asia non si presenta più ai controlli e il pediatra curante, contattato telefonicamente, ci informa di aver più volte cercato i genitori, che gli hanno alla fine comunicato che la bambina è seguita da un pediatra vegano in altra regione.
Frequentemente la cronaca segnala casi di bambini ricoverati in ospedale, in condizioni anche gravi, per aver seguito regimi alimentari scorretti o diete estreme, in luogo di quella onnivora caratteristica della nostra cultura. Le dimensioni del problema e le relative implicazioni etiche ci impongono di guardare con attenzione a questo fenomeno per comprenderlo e, possibilmente, governarlo.
Tra le numerose varietà di diete alternative concentreremo la nostra attenzione sulle diete vegetariane, in particolare sulla dieta vegana, più frequentemente accusata di provocare gravi disturbi nutrizionali. Dal punto di vista terminologico distinguiamo la dieta vegana, che prevede esclusivamente l’assunzione di alimenti di origine vegetale, dalla dieta latto-ovo-vegetariana (LOV), che prevede il consumo di cibi vegetali e di cibi animali indiretti (uova, latte vaccino e derivati, miele).
Dal punto di vista demografico, secondo i dati Eurispes 2017, se la popolazione che segue una dieta vegetariana è stabile (circa il 7,6%), è in forte aumento il numero di coloro, circa il 3%, che praticano una dieta vegana (nel 2016 erano 1%), mentre diminuisce al 4,6% il numero dei | vegetariani LOV (nel 2016 erano il 7,i%).
Nelle famiglie italiane le scelte alimentari vegetariane o vegane dipendono nel 47,6% dalla convinzione che le proteine vegetali siano più salutari di quelle animali, mentre nel 31,7% il profondo rispetto negli animali è la molla che innesca il cambiamento. Nei casi restanti si fa appello a ragioni religiose, filosofiche, economiche o ambientali.
La ristorazione scolastica è spesso un problema per i genitori che hanno scelto di crescere i propri figli con un’alimentazione vegana, perché nelle mense di norma vengono messi in menù carne, pesce, latticini e uova in tutti i pasti. Si rende dunque necessario richiedere un menù completo che sia privo di ingredienti animali. A volte le richieste vengono rifiutate, adducendo motivazioni più o meno fantasiose: a questo punto come fare per ottenere ciò che riteniamo essere il meglio per i nostri figli? Mai arrendersi: la possibilità di avere pasti vegani a scuola è un diritto riconosciuto dallo Stato italiano a ogni genitore che ne faccia richiesta, come ribadito chiaramente in una nota del 5 maggio 2016 del Ministero della Salute, che riportiamo in fondo all’opuscolo come appendice. Un suggerimento per i genitori che abbiano scelto per il proprio figlio l’alimentazione latto-ovovegetariana: anche nel vostro caso è preferibile chiedere un menù basato su prodotti 100% vegetali. Infatti, i menù latto-ovo-vegetariani proposti dalle mense scolastiche in genere si limitano a sostituire la carne e il pesce con latticini e uova, con il rischio di caricare la dieta di grassi saturi e colesterolo, sostanze che sono da limitare nell’alimentazione quotidiana. Tenete conto che latticini e uova non sono necessari per la completezza nutrizionale: i nutrienti contenuti in questi alimenti sono facilmente reperibili in alimenti di origine vegetale, che sono molto più sani perché non contengono colesterolo e grassi saturi. Come procedere? E’ consigliabile muoversi con molto anticipo, qualche mese prima dell’inizio della frequenza scolastica, in modo da avere il tempo di affrontare (e risolvere) eventuali difficoltà iniziali, che sono comunque sempre superabili, basta insistere. Scuole private Generalmente hanno la cucina interna, quindi occorre chiedere un colloquio prima dell’iscrizione con il direttore e con il responsabile della cucina, esporre la richiesta di pasti senza alcun prodotto di derivazione animale e, se la direzione è composta da persone ragionevoli ed informate, questo può essere sufficiente per ottenere il menù richiesto. In ogni caso, preparate un foglio con indicati gli alimenti che non volete siano somministrati a vostro figlio/a e fatelo controfirmare dal direttore della struttura: no carne, compresi affettati, pesce, uova, latte, burro, formaggi, yogurt, brodo di carne (anche usati come ingredienti). In caso di rifiuto, è necessario presentare una richiesta scritta sul modello delle scuole pubbliche, descritta più oltre. Le scuole private parificate devono seguire la normativa per la ristorazione scolastica delle scuole pubbliche, per cui è necessario seguire l’iter previsto per queste ultime. Scuole pubbliche Il primo passo è documentarsi sul regolamento comunale riguardante i servizi mensa nelle scuole. Molto spesso i menù alternativi per scelta etica sono previsti dalla normativa comunale, ma questa possibilità non viene molto pubblicizzata e può succedere che, non essendo mai stati richiesti, i responsabili si trovino spiazzati e rifiutino una prima richiesta di questo tipo. Le normative comunali si possono trovare online sul sito del Comune stesso o presso gli uffici del servizio ristorazione scolastica del Comune, il cui indirizzo viene fornito dalla scuola di appartenenza.
Da vegetariani a vegan Anche se si tratta di una considerazione generale, non legata all’alimentazione dei bambini, vorremmo invitare a una riflessione. Il termine “vegan” indica una persona che ha scelto di rispettare gli animali, non causare loro sofferenza e morte per nessuna ragione. Questo in tutti i campi, non solo in quello alimentare. Per quanto riguarda l’alimentazione, in particolare, la scelta vegan comporta dunque l’esclusione di ogni ingrediente animale: carne (inclusi affettati e salumi), pesce, latte e formaggi, uova, miele. Nel linguaggio comune il termine “vegetariano” si usa invece, per brevità, per intendere chi ha scelto di seguire un’alimentazione latto-ovo-vegetariana. Ma se si diventa vegetariani per motivi etici, per non uccidere animali, allora il naturale completamento della propria scelta etica consiste proprio nel diventare vegan, perché anche la produzione di latte e di uova comporta l’uccisione degli animali allevati (mucche, vitelli, galline, pulcini maschi), esattamente come accade per la carne. Non è possibile produrre latte o uova senza uccidere: la mucca deve partorire un vitello l’anno per poter produrre latte e tutti i vitelli sono macellati a 6 mesi, mentre la mucca stessa viene uccisa dopo circa 4 anni di sfruttamento; i pulcini maschi sono uccisi appena nati, le galline ovaiole dopo 2 anni di sfruttamento. In sostanza, nell’industria del latte e delle uova, la carne degli animali femmina “produttori” rappresenta un sottoprodotto dell’industria stessa, mentre gli animali maschi o vengono uccisi come “scarto” (pulcini, bufalotti) oppure la loro carne diventa anch’essa un sottoprodotto da vendere (vitelli). Allo stesso modo, se si sceglie di essere vegetariani per avere un minor impatto sull’ambiente e sui paesi poveri, va considerato che sono gli allevamenti di animali a determinare tale impatto: qualsiasi allevamento, non solo quelli di animali “da carne”. Anche quando la scelta è puramente salutistica, occorre rendersi conto che se si consumano abitualmente ogni giorno latte, latticini e uova, non si tratta di una scelta che porta vantaggi alla salute, tutt’altro: latticini e uova sono anch’essi dannosi, perché contengono le stesse componenti delle carni. E se invece se ne consumano solo piccolissime quantità, in maniera occasionale, è molto facile eliminarle del tutto e avere così un’alimentazione migliore… perché non farlo?
Questo vale a maggior ragione per i propri figli: con la scelta vegan, si regala loro un’alimentazione migliore, si evita di renderli responsabili della sofferenza degli animali, si preserva l’ambiente per il loro futuro. Inoltre, nel richiedere un menu adeguato nella mensa scolastica che il bambino frequenterà, è sempre preferibile richiedere un menu 100% vegetale, anche per le famiglie ancora latto-ovo-vegetariane. Infatti, i menù latto-ovo-vegetariani proposti dalle mense in genere si limitano a sostituire la carne e il pesce con latticini e uova, caricando la dieta di grassi saturi e colesterolo, sostanze da evitare. Occorre ricordare che latticini e uova non sono assolutamente necessari per la completezza nutrizionale: i nutrienti contenuti in questi alimenti sono facilmente reperibili negli alimenti di origine vegetale. In sostanza: i cibi vegetali contengono tutti i nutrienti che ci servono e, al contempo, non contengono le sostanze dannose presenti nei cibi animali. Per concludere: qualsiasi sia la motivazione per essere latto-ovo-vegetariani, le stesse identiche ragioni portano a eliminare del tutto ogni cibo animale: dal punto di vista etico, per salvare gli animali e preservare l’ambiente e dal punto di vista del nostro benessere per ricavare vantaggi a ogni età. Quindi… non fermiamoci a metà, facciamo il passaggio alla scelta vegan!
Fonti scientifiche e ringraziamenti La quasi totalità dei contenuti delle sezioni I, II, III, e parte delle ricette della sezione IV, sono stati forniti dalla dottoressa Luciana Baroni, medico nutrizionista, e dalla dottoressa Ilaria Fasan, dietista esperta in nutrizione pediatrica. Vogliamo ringraziare le dottoresse Baroni e Fasan per le preziose indicazioni messe a disposizione dei genitori vegan. Sarà disponibile in futuro, a cura delle stesse autrici, un libro su questo tema, più approfondito di questo libretto, con ulteriori indicazioni, tabelle e fonti; esso potrà essere utile non solo ai genitori ma anche ai pediatri che vogliano informarsi sull’argomento e a tutti i nutrizionisti (biologi, dietisti, medici) che vogliano occuparsi di nutrizione in età pediatrica. Riteniamo infatti importante la disponibilità di professionisti della nutrizione, correttamente formati, che possano occuparsi di bambini che seguono un’alimentazione a base vegetale, di concerto con il pediatra: quest’ultimo seguirà l’accrescimento del bambino e la sua salute, mentre il nutrizionista sarà in grado di fornire indicazioni precise e corrette nell’ambito che gli compete, quello dell’alimentazione.
La minore varietà di alimenti che caratterizza la dieta vegana rende più complesso l’approvvigionamento dei nutrienti necessari al bambino, e con maggiore facilità si possono manifestare carenze nutrizionali sub-cliniche o palesi, clinicamente significative soprattutto nei bambini della prima infanzia, quando l’organismo è in crescita e sono ancora rilevanti i processi di sviluppo degli organi. L’importanza della varietà degli alimenti per pianificare una dieta sana è stata dichiarata con forte enfasi dalla maggioranza delle società scientifiche nord-americane, compresa l’American Academy of Pediatrics (AAP) e l’Academy of Nutrition and Dietetics (ADA).
Nonostante ciò, si trovano in letteratura giudizi contrastanti sulla dieta vegana in età pediatrica e sono stati diffusi sia messaggi che ne esaltano l’adeguatezza nutrizionale, appropriata in ogni fase della vita, in gravidanza, nel lattante e nel bambino (ADA), sia opinioni che invitano a non utilizzarla nella prima infanzia (European Society for Paediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition – ESPGHAN).
Questa disparità di vedute tra prestigiose società scientifiche può essere spiegata, forse, dalla maggiore importanza che i pediatri dell’ESPGHAN – a differenza dei dietologi dell’ADA – danno alla prima infanzia, un’età in cui ogni bambino non solo ha bisogno di crescere, ma anche di completare la maturazione dei vari organi. Non bisogna sottovalutare, in questo periodo della vita, il ruolo strategico della nutrizione quale stimolo epigenetico per la programmazione della salute futura del bambino, tale da condizionarne la resilienza o la suscettibilità ad ammalarsi da adulto.
Nel recente Position Paper dell’ESPGHAN sull’alimentazione complementare si afferma che i genitori devono essere consapevoli di quanto gravi siano le conseguenze di una dieta vegana per il proprio figlio (scarsa crescita, rachitismo, deficit cognitivi irreversibili, atrofia cerebrale fino alla morte), nel caso non si somministrino adeguati supplementi di vitamina B12 e non si arricchisca la dieta con vitamina D, ferro, zinco, folati, LC-PUFA Omega 3, proteine e calcio.
È per tale motivo che riteniamo la dieta vegana non adatta a un bambino, non è opportuno affidarsi a scelte dietetiche sbilanciate, così distanti dalla nostra cultura, che necessitano di supplementazioni e dove ogni errore può influire in modo profondo sul futuro del bambino. Se i genitori però scelgono la dieta vegana per il proprio figlio, è necessario non lasciarli soli dopo questa difficile decisione e aiutarli a non commettere errori nutrizionali pregiudizievoli. Tale disponibilità va manifestata in modo convinto, allo stesso modo con cui aiutiamo una famiglia onnivora a svezzare il proprio bambino, o a programmare una dieta a un bambino di genitori aderenti a gruppi religiosi (hindu, ebrei, musulmani, ecc.) che prevedono restrizioni alimentari ai propri fedeli. Un atteggiamento diverso potrebbe comportare la fine dell’alleanza medicopaziente, la perdita di fiducia nel pediatra e la decisione di impostare una dieta fai-da-te seguendo consigli presi dalla rete o da qualche conoscente con scarse competenze e compromettere così la crescita e lo sviluppo del bambino. Ogni pediatra deve avere nel proprio bagaglio culturale le conoscenze utili a pianificare una dieta vegana bilanciata dal punto di vista nutrizionale.
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