L’autore di “Grief is a Journey” ci spiega come alcune delle nostre perdite più devastanti possano passare inosservate agli occhi di amici, parenti e perfino ai nostri.

L’autore di “Grief is a Journey” ci spiega come alcune delle nostre perdite più devastanti possano passare inosservate agli occhi di amici, parenti e perfino ai nostri.
1) La perdita di una persona che, un tempo, conoscevamo.
A volte, le persone amate cambiano in maniera radicale. Sono ancora presenti nella nostra vita, ma non nel modo in cui le ricordiamo o come le abbiamo conosciute un tempo. La malattia spesso muta le persone, soprattutto quando si tratta di malattie mentali o demenza. Una persona affetta da demenza è ancora con noi, ma non è la stessa che abbiamo conosciuto. I legami che ci uniscono gli uni agli altri, i ricordi condivisi e perfino la personalità non sono più accessibili.
Talvolta i cambiamenti sono impressionanti. La madre di una mia cliente è cresciuta al tempo della segregazione razziale negli stati del sud, in America. Sua figlia era orgogliosa di lei: aveva partecipato al movimento per i diritti civili, perdendo degli amici e allontanando la famiglia. Sua madre era solita raccontarle con orgoglio di come, da adolescente, aveva indotto la sua chiesa “per soli bianchi” a garantire a tutti, senza discriminazioni, l’accesso alle funzioni religiose. Eppure, una volta colpita dalla demenza, la donna ha iniziato ad utilizzare epiteti razzisti. Il linguaggio della madre non ha soltanto scioccato la figlia, ma anche rimesso in discussione le sue convinzioni. Era davvero la donna progressista che aveva creduto di conoscere?
Altre malattie possono generare un senso di perdita simile. Una lesione grave al cervello, in genere, colpisce le funzioni mentali a tutti i livelli. Possiamo piangere la perdita di qualcuno che sprofonda nella malattia mentale o nell’abuso di alcol e droghe. Ma anche i cambiamenti positivi possono dare origine al dolore: ad esempio quando una persona cambia, diventando diversa da quella che eravamo soliti conoscere e amare. Per Tristan, è stata la conversione religiosa di suo fratello. Inizialmente, era felice che avesse trovato la fede, anche se sembrava essere molto più forte del suo stesso credo. Ma, ben presto, Tristan ha incontrato difficoltà a relazionarsi con il fratello “rinato” che non desiderava più condividere una birra con lui e non faceva altro che portare la sua testimonianza a Tristan ed al resto della famiglia.
Allo stesso modo, Abigail era orgogliosa del fatto che suo marito avesse iniziato a partecipare alle riunioni degli Alcolisti Anonimi, dopo una lunga battaglia contro una dipendenza che aveva quasi rovinato il loro matrimonio. Eppure le mancano le “persone, i luoghi, le cose” (soprattutto il club delle freccette al pub, un’attività che condividevano) che ora suo marito evita per restare sobrio. Celebrano il Capodanno con una festa “alcohol-free” sponsorizzata dalla sezione locale degli AA, nel seminterrato di una chiesa. Abby è orgogliosa di suo marito e sostiene ogni suo sforzo per restare sobrio, anche se le mancano alcuni aspetti della sua vita precedente.
2) La perdita di una persona che non ci ha ancora lasciati.
Con il termine dolore preventivo ci si riferisce alla sofferenza per qualcuno affetto da una malattia potenzialmente mortale: amici, parenti ed assistenti ne fanno esperienza in previsione della morte futura. Queste perdite sono significative. La perdita della salute (persino una sua previsione) prospettata da una diagnosi può rivelarsi una fonte di sofferenza non solo per il malato, ma anche per i suoi cari. Il nostro mondo non c’è più. I piani, i pensieri, la nostra idea di futuro (persino il senso di sicurezza e tranquillità) vengono messi a dura prova. Il futuro che ci aspetta non è quello che avevamo immaginato. Nel caso di Craig e di sua moglie è stata una diagnosi di cancro al pancreas a distruggere i loro sogni di pensionati: viaggiare e, forse, trasferirsi in Toscana. Con l’avanzare di una malattia, ognuno di noi continua a subìre ulteriori perdite e altro dolore.
3) La perdita della persona che eravamo.
Di recente, mentre aspettavo lo scuolabus con mio nipote, al secondo giorno di scuola, ho sentito un giovane vicino lamentarsi con la madre perché era già andato all’asilo il giorno prima! La donna gli ha pazientemente spiegato che ci sarebbe andato cinque giorni a settimana, anziché soltanto due come succedeva al nido. Il bimbo l’ha guardata con delusione, gli occhi gonfi di lacrime. “Questo cambia tutto”, ha protestato.
È così. Mentre cresciamo, tutto cambia. Ci sono cambiamenti che siamo in grado di gestire senza problemi, altri che ci condizionano nel profondo. Pensate alla nascita di un bambino, un evento atteso per anni che ci riempie di gioia. Ma sappiamo anche che la nostra vita sarà diversa, da quel momento in poi. Per i successivi venti anni vedrai limitata la tua libertà e, per un periodo più breve, anche il tuo sonno.
Ogni transizione della nostra vita (anche positiva) cela delle conseguenze. L’emozione per il superamento dell’esame di guida e per la conquista dell’agognata patente aveva un significato importante: segnava il raggiungimento di un traguardo e di una maturità che erano promessa di avventure e di una nuova libertà. Ora immaginate il dolore e la sofferenza quando, a causa dell’età o di una disabilità, sarete costretti ad abbandonare quella patente e tutto quello che ha significato.
Ricordate: il lutto, il dolore non sono causati solo dalla morte, ma riguardano sempre l’attaccamento e la separazione. Spesso, le persone sopportano atroci sofferenze senza aver nemmeno affrontato la morte di un proprio caro. Inoltre, in casi di perdite “non identificate”, neanche il nostro dolore viene riconosciuto dagli altri. Ma si può piangere la perdita di cose, luoghi, persone ai quali eravamo legati, non c’è lista che possa contenere tutte le possibilità. Per sopportare la pena, potrebbe essere necessario circondarsi di amici fidati, terapisti e gruppi di supporto che possano assisterci. Ma, più di tutto, è necessario riconoscere il dolore. Permettere a se stessi di comprendere la validità delle proprie emozioni è l’unico modo per iniziare a stare meglio. Non siete gli unici ad aver pianto in simili situazoni, non siete soli.
Il dolore è un viaggio.
Questo estratto, adattato, è tratto da Grief Is a Journey scritto dal dottor Kenneth J. Doka. Doka è professore di gerontologia presso la scuola di specializzazione dell’università di New Rochelle ed è primario presso la Hospice Foundation of America. Pubblicato su HuffPostUsa è stato tradotto da MIlena Sanfilippo.
FONTE